Maggiore risoluzione sinonimo di maggiore nitidezza?
Passiamo al secondo tema dei miei “discorsi sulla stampa di qualità”.
Come al solito, l’obiettivo è quello di fornire indicazioni operative basate sulle mie esperienze personali, che mi piace sempre confrontare con quelle degli altri.
Ho passato parecchio tempo sul web a cercare di estrapolare dalla vasta “letteratura” esistente sui fenomeni visivi le informazioni più utili dal punto di vista pratico.
L’argomento di oggi nasce da questa osservazione. Molti clienti, che approcciano il mio laboratorio per effettuare stampe di immagini, tendono a consegnarmi file ingranditi. Questo nella convinzione che così facendo si gettino le basi di per sé per una migliore risoluzione (in termini di nitidezza).
Purtroppo le cose non stanno in questi termini. In aggiunta si corre a volte il rischio, nel caso non si adottino le necessarie cautele, di danneggiare il documento originario in maniera irreparabile.
Andiamo a chiarire che cosa sta dietro un’operazione di ingrandimento di una immagine. Tale routine, di apparente facile realizzazione tramite i numerosi software disponibili, si basa su un processo detto di interpolazione.
Cosa si intende per interpolazione
L’ingrandimento di una qualsiasi immagine fotografica si basa sul concetto di interpolazione. L’interpolazione, essendo in sintesi estrema un’approssimazione della realtà, ha come effetto finale quello di sfociare in un’operazione “irreversibile”.. Provate ad ingrandire e successivamente a salvare con un nome diverso un vostro file. Adesso riportatelo alla grandezza primitiva e confrontatelo con il documento di partenza. Vi accorgerete che la nuova immagine avrà purtroppo una qualità più bassa rispetto a quella originale.
Andando a ricercare il significato di interpolazione su un qualsiasi vocabolario della lingua italiana, risulta più chiaro cosa succede se interpoliamo un qualsiasi elemento, fisico o statistico che si voglia.
Interpolazione: Alterazione della continuità e integrità di un originale mediante l’inserimento di uno o più elementi estranei. Nell’ambito della critica letteraria si usa ad esempio parlare di testo interpolato come di un testo non originale.
Risoluzione ad hoc – mantenere sempre il documento originale
Per questo invito tutti coloro che, per una qualsiasi necessità avessero bisogno di ingrandire o rimpicciolire una immagine tramite l’interpolazione, a fare una copia del file e lavorare su quella, In questo modo si avrà sempre a disposizione il documento originale. Questa raccomandazione l’avevo già fatta nella precedente puntata a proposito di conversione in CMYK.
Al di là di questi spiacevoli inconvenienti, l’ingrandimento non assicura assolutamente una maggiore nitidezza di stampa. Per questo è buona pratica quella di fornire sempre il documento nella grandezza originale.
Perché va fatto questo? Cercherò in qualche modo di spiegarlo se andrete avanti nella lettura.
La risoluzione delle stampanti fotografiche
Nel 1995, sono stato il primo in Italia ad installare una attrezzatura che permetteva di trasformare un file in impulsi laser. Questi impressionavano la carta fotosensibile (fotografica), e conseguentemente trasformavano il file in stampa fotografica. Questa attrezzatura ha la possibilità di stampare a due risoluzioni: 200 o 400 dpi. Vi posso assicurare che non vi è la possibilità di distinguere tra una immagine stampata a 200 o a 400. Unica eccezione quando nella immagine fossero presenti testi con caratteri molto piccoli. Dopo varie esperienze notai che era inutile fornire per la stampa le immagini interpolate. Il RIP della stampante, lavorava in modo migliore di quanto si potesse fare con un software esterno. A quel punto ho iniziato a rifletter sulla risoluzione ad hoc
Le stampanti inkjet
Successivamente vennero lanciate sul mercato le prime stampanti digitali inkjet. Avevano una risoluzione di stampa di 300 dpi. Non riuscivo a capire perché, pur avendo una risoluzione di stampa superiore a quella della mia macchina, le immagini apparivano meno nitide. Guardandole con un lentino si vedeva un numero incredibile di puntini, mentre guardando le stampe fotografiche non si vedeva niente.
Alla fine qualcuno mi spiegò che la risoluzione di stampa nei sistemi inkjet è determinata dalla risoluzione di stampa di ogni testina moltiplicata per il numero delle testine utilizzate. In realtà si trattava di stampa a 75 ppi (dato che si utilizavano 4 testine per gli inchiostri CMYK). Dico questo perché a nessuno venga in mente, sentendo che il proprio server di stampa utilizza una stampante da 1400 ppi o più, di interpolare una immagine fino a quel livello.
Risoluzione ad hoc – le stampanti ink-jet di qualità fine-art
In realtà le stampanti di alta qualità oggi utilizzano almeno 6 testine, spesso anche di più. Molte stampanti sfruttano una caratteristica tipica dei supporti di stampa, quella di creare una leggera diffusione della immagine. Questo produce un piccolissimo cerchio di sfocatura, che somiglia al fenomeno di diffrazione della luce quando colpisce le carte fotosensibili. In tal modo viene minimizzata la presenza dei puntini, seppur a leggero scapito della nitidezza. Generalmente si tratta di un giusto equilibrio.
Considerato il fatto che ogni attrezzatura di stampa lavora con una sua risoluzione, ritengo che la cosa migliore sia sempre quella di inviare il documento originale. Magari gli si darà la dimensione finale che si vuole ottenere, ma senza interpolazione. Nel caso di forti ingrandimenti questo comporterà una riduzione automatica della risoluzione in termini di dpi. Sarà però la risoluzione ad hoc.
Sappiate che se avete inviato un documento troppo grande, il RIP della stampante dovrà rimpiccolirlo in funzione dei suoi parametri. Questo vi assicuro non gioverà alla qualità della stampa. Dico sempre scherzando che i file non sono una fisarmonica!.
L’ultimo tassello del puzzle: l’ acuità visiva
L’ultima considerazione che vorrei fare, è un pochino più tecnica e complessa, ma cercherò di semplificarla al massimo. Il mio punto di partenza è l’occhio umano. Sappiamo che la nostra visione dipende dall’occhio, ed ognuno di noi ha una sua acuità visiva. In genere si dice che una vista “buona” corrisponde a 10/10, ma in alcune persone può anche essere superiore. Tutti invece abbiamo approssimativamente un identico angolo di visualizzazione . L‘angolo di visione della macula è di circa 18°, ma possiamo dire che l’occhio riesce ad avere una “buona” visualizzazione fino a 60°.
Se consideriamo esatti i dati che si trovano sul web (più o meno concordanti) l’angolo di risoluzione dell’occhio normale è di circa 1′ (cioè 1/60 di grado). Nei casi di acuità visiva superiore, si potrebbe arrivare ad un angolo di 35-36”. Per semplicità dei miei calcoli ho utilizzato 36/3600 cioè 1/100 di grado.
Un calcolo approssimato ma valido per una risoluzione ad hoc

Da questo ho ricavato un grafico (vedi fig.1) che mette in rapporto la distanza di osservazione con la risoluzione visibile. Questa distanza è strettamente correlata alla massima dimensione lineare della stampa finale (nella fig.2 indicata come diametro).
Nel mio calcolo, se pur approssimativo, risulterebbe questo. Ad una distanza di 40 pollici (circa un metro) un occhio normale riuscirebbe al massimo a vedere dei dettagli corrispondenti ad una stampa effettuata a circa 82 ppi.
Se l’occhio avesse una acuità massima, potrebbe arrivare a vedere quelli di una stampa a 147 ppi.
Come ho già detto, questi sono calcoli approssimati. Se qualcuno riesce ad affinarli non esiti a farmelo sapere, dato che sono tanti anni che non utilizzo più la trigonometria!
Dati approssimati ma sicuramente vicini alla realtà. Quel che basta a farci capire che, per esempio, volendo eseguire una stampa 66,6×100 cm. da un documento digitale di 3648×5472 pixel (valori di default della macchina digitale) le informazioni a disposizione sono già di gran lunga eccedenti rispetto alla acuità visiva di un occhio normale.

Risoluzione ad hoc – conclusione
Non vorrei però essere equivocato! E’ naturale che qualcuno potrebbe avvicinarsi alla stampa ad una distanza inferiore ai 106 cm, proprio per poterne vedere meglio i dettagli. Teniamo però presente che nessun software al mondo potrebbe ricreare dettagli che sulla foto originale non ci sono. Ci sono alcuni programmi che fanno cose quasi miracolose. Io ad esempio utilizzo un software che ingrandisce le immagini con la tecnologia dei frattali. In condizioni quasi disperate da’ comunque buoni risultati, fornendo anche da piccoli file delle stampe che non sono disturbate da “scalettature”.
Questi software, a conferma di tutto il mio discorso, forniscono ottime prestazioni solo sui pixel dei documenti originali!.
Perciò sentitevi liberi di apportate modifiche al vostro documento originale in termini di variazioni di densità, contrasto o altro. Ma evitate di interpolarlo e soprattutto salvate il documento finale in un formato non compresso. Anche questo accorgimento è importante. Il salvataggio successivo potrebbe comportare delle deviazioni causate da una nuova applicazione dei parametri di compressione. Concludendo, invito tutti gli utenti a non effettuare mai il “ricampionamento” della immagine da stampare.
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